Gelato troppo costoso: polemica in america

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Tutto è nato da un articolo del New York Time che si lamentava dei prezzi troppo alti di alcune gelaterie. Con un titolo d’effetto – You scream, i scream …at the price of ice cream – il noto giornale ha tirato in ballo una gelateria italiana “rea” di far pagare una coppetta small 5.25 dollari.

Stranamente però nessuno si lamente degli affitti troppo cari a New York.

La gelateria torinese di Federico Grom e Guido Martinetti si difende:

A New York viene considerato un piccolo bene di lusso, ma un lusso accessibile intendiamoci. Ma al di là delle percezione ci sono delle ragioni economiche. Su quei 5,25 dollari incidono costi di logistica, dogana, personale e affitto del negozio che a New York sono più cari. In più il nostro gelato ha una percentuale di frutta superiore a quella stabilità dall’autorità americana. Il che significa che la miscela liquida che esportiamo è considerata alla stregua di una marmellata. In altre parole costa di più.

Guido Martinetti aggiunge, precisando l’artigianalità dei propri prodotti:

Su questo punto ha perfettamente ragione il New York Times. Se vuol dire fatto a mano, se cioè ci vuole una persona che mescoli polvere e acqua con semilavorati industriali è un conto, se invece si parla di qualità come deve essere allora è bene operare dei distinguo. Qualità e artigianalità nel senso di fatto a mano non sono sinonimi. Un sorbetto è fatto da frutta, acqua minerale e zucchero di canna bianco L’innovazione è negli ingredienti, nelle materie prime. Ecco perché noi siamo partiti dall’agricoltura seguendo tutta la filiera con una ricerca della qualità maniacale.

Del tutto legittima la difesa dei proprietari della gelateria Grom che si è vista arrivare addosso una polemica dal New York Times futile quanto inopportuna: in un paese votato agli sprechi come gli usa è insensato stare a sindacare 5 dollari di spesa per un gelato fatto, prima di ingredienti sani e ricercati, con passione, dedizione e amore.